I MOSAICI DELL' AULA SUD
Originario ingresso alla basilica
Raffigurazione di un offerente
Raffigurazione di un offerente
Alcuni dei nodi che "legavano" i cristiani alla Legge ebraica.
Raffigurazione di uno degli animali all'interno di ottagoni.
Alcuni degli animali rappresentati salvi.
Raffigurazione del Buon Pastore
L'imbarcazione che trasportava il profeta Giona
Giona viene rigettato sulla spiaggia.
Giona riposa sotto un albero di fico
La lotta tra il gallo e la tartaruga
Raffigurazione della Vittoria cristiana
I mosaici della basilica di Aquileia ricoprono una superficie di quasi 750 metri quadrati: si tratta del ciclo musivo paleocristiano più esteso del mondo occidentale realizzato agli inizi del IV secolo per volere del vescovo Teodoro, come risulta dall’epigrafe latina a lui dedicata presente nella quarta campata: “Felice Teodoro con l’aiuto di Dio onnipotente per il gregge a te affidato dal cielo hai fatto fare tutte queste opere e gloriosamente le hai dedicate”.
Il mosaico si è salvato sotto una coltre di macerie che si sono formate in seguito alla distruzione dell’edificio provocata dagli Unni di Attila. I primi scavi archeologici di Aquileia risalgono al 1893 e furono eseguiti da alcuni studiosi austriaci.
Il tappeto musivo è stato realizzato con un chiaro intento didattico rivolto ai catecumeni. Il simbolismo dei temi affrontati si unisce alle straordinarie qualità naturalistiche dei soggetti rappresentati.
Per comprendere la grande complessità iconografica dei mosaici, proviamo ora a ripercorrere l’itinerario che i catecumeni compivano allora, prima di ricevere il battesimo che si celebrava durante la veglia di Pasqua.
Il loro percorso iniziava con l’ingresso nella basilica, non attraverso il portale principale, bensì dalla navata laterale sinistra, nel punto che ora si trova a lato del Santo Sepolcro, in corrispondenza del secondo scomparto. Da qui i catecumeni entravano nel quadratum populi, dove veniva loro impartita la dottrina. Camminando sui mosaici i catecumeni apprendevano così i misteri della fede.
I mosaici sono divisi in quattro campate e nove scomparti.
Nel primo scomparto i catecumeni si trovavano davanti a quattro figure maschili disposte intorno ad una femminile, che molti studiosi hanno interpretato come le rappresentazioni degli offerenti.
Queste figure sono circondate da uccellini rappresentati dentro quadrati e da forme intrecciate che ricordano dei nodi inseriti a loro volta all’interno di ottagoni.
Perché le figure hanno questa disposizione? Sono rappresentazioni casuali o hanno un preciso significato?
Con l’aiuto di uno studioso friulano, il prof. De Clara, siamo riusciti a comprendere il misterioso significato di queste immagini.
I catecumeni dovevano lasciarsi alle spalle la tradizione biblica fondata sulla Torah. Ecco perciò che i nodi nei mosaici rappresentano i lacci, i legami che impedivano ai cristiani di superare le prescrizioni della Legge ebraica.
La raffigurazione della donna invece rappresenta la Sinagoga, ovvero il luogo di culto ebraico.
Proseguendo il cammino, i catecumeni si imbattevano in un altro tema, che riguarda gli animali che dovevano essere salvati. Il Levitico infatti distingue tra animali puri e animali impuri, animali sacri e quelli che potevano essere consumati. All’interno dei riquadri ottagonali sono rappresentati una gazzella, un cervo, diversi uccelli appoggiati sui rami, pesci e cicogne.
Poco più in là, i catecumeni incontravano gli animali rappresentati liberi e salvi, come per esempio gli uccelli.
Subito dopo camminavano sulla figura del Buon Pastore che ha in mano un flauto, strumento dal suono dolce, che utilizzava per chiamare a sé le sue pecore. Sulle spalle tiene la centesima pecora, che rappresenta simbolicamente la salvezza divina. Al Buon Pastore si rivolgono vari animali: ai due lati sono presenti un cervo e un cerbiatto, animali salvati grazie alla forza della costanza e della contemplazione.
Nell’ultima campata i catecumeni potevano conoscere le storie del profeta Giona. Nel racconto biblico Giona venne inviato dal Signore a Ninive per convertire i cittadini. Egli però non si recò in quella città ma si diresse con la nave nella direzione opposta. Dio allora mandò una tempesta talmente forte che Giona chiese ai marinai di venire gettato in mare affinché l’ira di Dio si placasse e la nave e i suoi compagni di viaggio si salvassero.
Una volta calato nell’acqua venne mangiato da una balena, nel cui ventre rimase tre giorni e tre notti pregando Dio che lo salvasse. Dio lo ascoltò e così il terzo giorno la balena lo rigettò sulla spiaggia, dove Giona si riposò sotto le fronde di un albero di fico. I catecumeni imparavano il significato del racconto di Giona, che riguarda il tema della conversione e quindi della salvezza.
Alla fine di questo tragitto didattico i catecumeni venivano battezzati con l’immersione dell’intero corpo.
Dopo essere diventati cristiani ricevevano le vesti e le candele e potevano finalmente assistere alla veglia del Sabato Santo che per la Chiesa aquileiese era la festa più importante.
Non dobbiamo dimenticare che nella stessa campata in cui si trovano le storie di Giona troviamo una seconda rappresentazione della lotta del gallo con la tartaruga che è stata aggiunta più tardi, inferiore per qualità a quella della cripta degli scavi.