GEMONA
IL DUOMO DI GEMONA
TRA ROMANICO E GOTICO
SENZA IL PASSATO NON C'È LA NOSTRA STORIA
L’attuale Duomo sorge sul luogo di precedenti realizzate nei secoli X-XI.
L'edificio fu sottoposto a diversi ampliamenti e trasformazioni nel corso degli anni.
I terremoti del 6 maggio e del 15 settembre 1976 danneggiarono gravemente il Duomo: crollarono la navata destra e il timpano sovrastante il rosone. Tra il 1981 e il 1985 vennero eseguiti i lavori di ricostruzione.
La storia del tempio iniziò con i lavori di rifacimento della chiesa dedicata a S. Maria della Pieve, iniziati nel 1290. Un'epigrafe sopra il portale ci ricorda la data: "Anno Domini Millesimo CCLXXXX quod Magister Johannes fecit hoc opus" e il nome del capomastro autore della lunetta del portale che raffigura la Dèesis.
Dopo l’ampliamento il nuovo edificio si presentò a tre navate con cappelle rettilinee.
L’inaugurazione del nuovo Duomo avvenne nel 1337 alla presenza dal vescovo di Parenzo Giovanni, delegato del Patriarca Bertrando di Saint Geniès.
Nel 1429 venne prolungato il presbiterio e aggiunta l’abside poligonale.
All’interno i cambiamenti che diedero al Duomo l’aspetto attuale risalgono al periodo compreso tra il 1458 e il 1461, quando furono erette due file di colonne verso il presbiterio, ad eccezione dell'ultima coppia innalzata nel 1640.
Altri interventi risalgono al 1742 con la costruzione delle volte a crociera nelle tre navate in sostituzione del soffitto a capriate.
L’intervento più radicale fu quello intrapreso tra il 1825 e il 1830 quando fu ricostruita la facciata del Duomo seguendo il gusto neoclassico ma stravolgendo il gusto decorativo che risaliva al Trecento.
Riportiamo una citazione dello storico, archivista e fondatore della biblioteca di San Daniele del Friuli Don Valentino Baldissera, che con queste parole nella sua guida storico-artistica -Gemona 1891- commentò:
“Nel 1825 la facciata che minacciava rovina fu demolita, rifatta e le sculture ricollocate alcune al sito primitivo e altre cangiate in stupido omaggio alla simmetria aggiungendovi con deplorevole arbitrio i quattro pilastri, che prima non erano.”
Sulla facciata del Duomo lo sguardo ricade subito sulle paraste inserite nell’800, il cui inserimento ha comportato anche lo spostamento parziale dell’apparato decorativo scultoreo trecentesco e l’eliminazione del protiro. Ciò nonostante, l’architettura e la scultura si integrano armoniosamente.
La facciata come la vediamo oggi conserva al centro il portale romanico con modanature, un motivo decorativo vitineo, simbolo dell’Eucarestia, e arco a tutto sesto.
I due stipiti e l'archivolto (risalenti alla fine del XIII secolo) sono opere del Maestro Giovanni.
La lunetta in bassorilievo che spicca sopra il portale raffigura il Giudizio Finale: al centro domina la figura di Gesù Cristo in trono, a braccia aperte, assieme ai simboli della Passione; ai lati vi sono la Madonna e S. Giovanni Battista nell’atto di intercedere.
Sotto le due figure sono presenti due avelli contenenti sei oranti risorti.
Ai lati dell'archivolto, sempre in bassorilievo, sono raffigurati S. Pietro a sinistra e S. Paolo a destra. Non si conosce il nome dell’autore della lunetta, forse si tratta di uno scultore del luogo che si esprime con un gusto legato ancora al mondo bizantino per la frontalità delle figure, per la loro posizione simmetrica e per l’assenza di elementi naturali e spaziali.
Sopra l’archivolto del portale è incastonato l’Agnus Dei reggente un vessillo a forma di croce, simbolo della vittoria di Cristo sulla morte che, come si nota nell’incisione del ‘700, si trovava sopra la cuspide sovrastante il portale.
La parte più bella della facciata è la Galleria dell’Epifania.
Situata sopra al portale romanico, è costituita da un susseguirsi di nove nicchie ad archi trilobati acuti (con ancora tracce dell’antico policromismo trecentesco).
A sinistra sono presenti: un palafreniere, che indossa il pileo sul capo, che accudisce i tre cavalli regi; i Re Magi con i loro doni; a destra S. Giuseppe e i Re Magi dormienti con l'angelo che appare loro in sogno.
La statua della Vergine, al centro, regge con il braccio sinistro il Bambino e con la destra solleva una sfera che si pensa rappresenti la “mela del peccato”. Secondo alcuni studiosi, le sculture potrebbero essere state eseguite verso la metà del Trecento dalla nota bottega giovannea che anima le sculture con nuova vitalità gotica.
La sottostante fascia decorativa raffigura il caratteristico motivo vitineo che racchiude, entro una serie di cerchi, i dodici Apostoli a mezzo busto.
Sopra l'arco trilobato centrale si nota lo stemma della comunità di Gemona.
Sotto la cuspide domina il grande rosone che illumina la navata centrale, che viene considerato uno dei più belli della Regione; altri due più piccoli sono presenti sulle campate laterali.
I tre rosoni sono costituiti da un doppio giro di archi gotici intrecciati; in particolare, quello centrale è formato da due ordini di colonnine a raggiera, il tutto racchiuso entro un motivo decorativo vitineo (opera del Maestro Buzeta realizzata tra il 1334 e il 1336).
Altro capolavoro della facciata è la monumentale statua di S. Cristoforo, scolpita a mezzotondo, posta sul lato destro della facciata. Alta sette metri, è composta da sei blocchi di pietra arenaria; rappresenta il Santo protettore dei viandanti che sostiene sulla spalla sinistra il Bambino Gesù e con la mano destra un bastone decorato con tre foglie di dattero sulla sommità, miracolosamente cresciute dopo l’incontro con Cristo. Viene rappresentato mentre attraversa il fiume. Ai lati dei suoi piedi, infatti, si possono scorgere gamberi e sirene. La colossale statua risale al 1331/1332 ed è stata attribuita da alcuni studiosi a Giovanni Griglio e al figlio; per altri invece è lo stesso Magister Johannis che ha lavorato qualche decennio prima. È comunque un artista in grado di esprimersi in modo elegante e solenne, come dimostrano i particolari decorativi della veste e la compostezza del Santo nel suo ruolo di portare Gesù sull’altra riva del fiume.
Nella campata sinistra sono presenti le sculture ricollocate dopo i lavori ottocenteschi di ripristino della facciata.
Sotto il rosone si trova la Crocifissione in cattivo stato di conservazione.
Nella nicchia sottostante appare la Madonna in trono con il Bambino fra S. Giovanni e un Dottore della Chiesa.
Più sotto ancora, dentro una nicchia, è collocato un Cristo benedicente; a lato, è rappresentato un bassorilievo di S. Michele mentre regge la bilancia per la pesatura del defunto e dall'altra parte è presente un altro bassorilievo raffigurante S. Caterina d’Alessandria.
Una cornice marcapiano separa la parte inferiore da quella superiore. Al centro della fascia sovrastante il rosone centrale, è inciso il titolo del Duomo: Assumpta est Maria; al centro di questa è incastonato il bassorilievo di un Patriarca.
L’interno del tempio è scandito dal ritmo delle robuste colonne in marmo rosso che reggono slanciati archi a sesto acuto. La copertura con volte a crociera costolonata accentua la verticalità delle strutture e conferisce maestosità all’insieme.
La luce entra dal rosone centrale, dalle finestre poste in alto lungo la navata centrale e dall’abside che presenta alte monofore che all’esterno sono protette, analogamente al Duomo di Venzone, da robusti contrafforti.
Alcune colonne, a causa delle scosse delle terremoto, sono inclinate.
Il Duomo conserva molte opere appartenenti ad epoche diverse.
Ricordiamo il Crocifisso ligneo policromo del XIV secolo che prima del terremoto era collocato sopra l’altare e che è diventato il simbolo del dramma vissuto dalla comunità gemonese; la Vesperbild in arenaria dipinta proveniente da area danubiana risalente al XV secolo; un’ara funeraria romana risalente al II secolo reimpiegata per realizzare una vasca battesimale, la quale sui lati minori presenta scene relative al Battesimo. La decorazione romana di quest'ultima rappresenta un genietto che cavalca un delfino. Oggi lo vediamo in posizione orizzontale ma originariamente l’ara era posta in posizione verticale.
Ara funeraria Vesperbild
In fondo alla navata destra è presente l'ancona lignea con decorazioni d'oro eseguita a Venezia da Andrea Moranzone nel 1391; rappresenta, in 32 scomparti a rilievo, episodi dell'Antico e del Nuovo Testamento (dalla Creazione del mondo al Giudizio Finale).
La sua impostazione ricorda quella delle lamine dorate e argentate prodotte a Venezia in tanti esemplari. Il modello gemonese, essendo in legno, ha subito alcuni incendi che l’hanno molto rovinata.
Troviamo inoltre diversi dipinti di maestri di scuola friulana del XVI-XVII secolo.
Di fianco alla prima colonna della navata sinistra è presente una campana fusa sul sagrato, che riporta la terzina dell'ultimo canto del paradiso di Dante.
Durante i lavori di restauro sono stati portati alla luce resti di affreschi romanici e gotici.
Costruita a partire dal 1341, come riporta l’iscrizione sopra la porta ad arco acuto, dai figli di Maestro Giovanni Griglio, Nicolò e Domenico, la torre campanaria raggiunge, compresa la cuspide conica in cotto, l’altezza di 50 metri. Quattro trifore arieggiano il campanile.
In cima ai due spigoli della facciata frontale, si ergono le statue di S. Nicolò e S. Giovanni Evangelista, risalenti alla seconda metà del XIV secolo.
L'intera torre campanaria, quasi completamente distrutta dai terremoti del 1976, è stata ricostruita per anastilosi tra il 1984 ed il 1986.
Per rendere visibili le parti ricostruite da quelle che sono crollate a causa delle forti scosse, sono state inserite lastrine di laterizio.